martedì 19 luglio 2011

Epilogo


Da tempo ormai delle vicende degli Argonauti con il mio canto vi ho narrato,
da quando lasciarono Iolco per ordine di Pelia al trionfante ritorno con il mistico Vello d'Oro.
Qui sono raccolte tutte le peripezie degli eroi.
 "Le Argonautiche - cronache di 33 scalmanati eroi e degli dei che li seguirono" le ho chiamate.

Ma già un nuovo viaggio mi attende.
Non più al seguito di mitologici eroi greci, i celeberrimi Argonauti,
ma con i Vichinghi, i nordici, che un tempo solcarono le acque del Ceresio
e che ora ripartono per tornare nel luogo che diede loro le origini: la Svezia.

Di ritorno da questo misterioso incontro di tutti i popoli
e le genti del mondo chissà, allora potrete trovare nuovi aggioronamenti alle cronache.

Apollonio Bodyo

domenica 17 luglio 2011

Giorno Quindicesimo

Le Argonautiche
 di Apollonio Bodyo
Navigare, navigare per mari lontani
questo hanno fatto gli eroi,
ma il loro tanto girovagare
lì riportò gloriosi nelle terre amate,
ove canti e lodi li attendevano per raccontare l'impresa.
Ai primi raggi del sole incontrarono il Punto Fisso,
tosto caricarono a forza di braccia ciò che era rimasto sul Grande Camion.
E qui nel fare lo smontaggio della Argo
s'impegnarono in una gara leale,
chi primo recuperava sardine e tiranti
e li portava in tenda materiale:
li incalzavano insieme l’allegria ed un cielo (quasi) sereno.
Un velo di tristezza colpì i virgulti,
quando fu il momento di separasi,
era stato quello un viaggio entusiasmante
e nella memoria di esso vivranno i loro cuori.
Siate propizi, eroi, figli degli immortali,
e questo mio canto possa
di anno in anno, di campo in campo,
essere sempre più dolce ai giovani esplo.
Eccomi giunto al termine illustre delle vostre fatiche,
giacché nessun'altra vi toccò dopo che foste partiti da Bedretto;
non sorse nessuna tempesta di vento;
tranquilli e sicuri
costeggiaste la terra Leventina
e quella di Riviera di qua del Ticino,
riguardando le immagini dell’impresa,
e lietamente sbarcaste alla riva di Iolco.

sabato 16 luglio 2011

Giorno Quattordicesimo

Le Argonautiche
 di Apollonio Bodyo

La notte gli dei vegliano sui navigatori del mare,
affinché essi, nel meritato riposo, non perdano la via.
E neanche si resero conto gli Argonauti,
che il mattino portava con sè acque familiari.
Di là stavano per traversare a Creta,
l'isola che più di tutte si trova al largo nel mare,
e a un giorno di navigazione sarebbero tornati in patria,
non senza far provvista di cibi deliziosi.
Ma lontano, li accolse minaccioso Talos,
l'uomo di bronzo, scagliando pietre
da una solida roccia, impedì di gettare a terra le gomene,

quando furono giunti al porto Ditteo.
Era questi il solo rimasto dei semidei
della razza di bronzo,

e Zeus l'aveva dato ad Europa come guardiano dell'isola,
che percorreva tre volte coi piedi di bronzo.
Di bronzo infrangibile era tutto il suo corpo
e le membra, ma sulla caviglia,

al di sotto del tendine, aveva una vena di sangue,
e la copriva una sottile membrana di plastica
che era per lui vita e morte.
Benché fossero sfiniti dalla fatica,
gli eroi spaventati allontanarono
a forza di remi la nave dalla spiaggia dell'isola.
E certo miseramente sarebbero fuggiti,
soffrendo la sete e le pene,
ma Atena prestò loro un ultimo saggio consiglio in questo viaggio.
Fu difficile reperire ciò che la dea chiedeva,
ma alla fine ogni gruppo ottenne il proprio arco con le frecce.
E subito si misero addosso,
con una fascia dorata, la nuova faretra,
che era appoggiata a un albero,
e presero l'arco ricurvo.
La spiaggia fu attraversata
da una ricca quantità di frecce,
ma nessuno di loro era un buon arciere.
E sola, fu la freccia di Castore
che urtò la caviglia
e colò l'icore
simile a piombo fuso.

Non fu più capace
di reggersi in piedi sullo scoglio sporgente.
Talos restò barcollante sui piedi infaticabili,

poi crollò senza forze con un immenso frastuono.
I Gemelli dimostravano finalmente
il loro grande valore.
Così ebbero inizio i festeggiamenti:
carni fumanti preparava Dioniso
nella sua divina cucina,
numerose erano le danze
tutt’intorno al grande fuoco del bivacco.
Nessuno degli dei
poté mancare alla celebrazione
del ritorno a casa dopo quel lungo navigare.

Lassù nell’Olimpo venne così deciso
di affidare il magico e splendente Vello
al coraggio e alla saggezza dei Nobili,
forse i migliori tra tutti gli Argonauti.
Poi al tramonto del sole,
quando spuntò la stella
serale che porta il riposo agli esploratori stanchi,
ed il vento cadde nell'oscurità della notte,
allora ammainarono la vela

e si coricarono in un’immensa busta
che si distengueva solo negli Argonauti anziani,
che coscienti sapevano,
non avrebbero più vissuto un’impresa seguente a quella...

venerdì 15 luglio 2011

Giorno Tredicesimo

Le Argonautiche
 di Apollonio Bodyo
Quando l'aurora che porta la luce toccò l'orizzonte,
su di loro scendeva lieve il soffio di Zeus,
che le nubi portò lontano dagli eroi raffreddati e assonnati.
Allora, svegliatisi attorno alle 9.00,
i prodi salirono sopra i tavoli
e tirarono le ancore
lietamente dal fondo del mare,
e arrotolarono insieme
gli attrezzi secondo il bisogno
e levarono in alto
la vela, e con le cime tesero all'albero i panni bagnati,
insomma ripristinarono la Argo dopo le tempeste.
Un vento propizio spingeva la nave, e ben presto
furono in vista di Ronco Bedretto,
l'isola bella dove le melodiose Sirene,
incantano e uccidono
col loro canto soave chiunque vi approdi.
E anche per loro, senza esitare
mandavano l'incantevole voce,
e quelli già stavano per gettare a terra le gomene,
se il figlio di Esone, non avesse proposto alle nobili creature
una sfida acquatica in cambio della vita.
Posidone e l'onda sonora che spingeva da poppa
portavano avanti la nave,
e le Sirene mandavano suoni lontani di irritata sconfitta.
Gli eroi si allontanarono felici,
ma altre cose più dure li aspettavano,
altre minacce alla nave sul quadrivio del mare:
da un lato sporgeva lo scoglio liscio di Scilla,
dall'altro rumoreggiava Cariddi con scrosci infiniti.
La corrente investiva Argo di fianco,
e attorno i violenti flutti, levandosi in alto,
s'infrangevano contro le rive. Ma gli eroi
(nonostante la scarsa prestazione dei Navigatori)
tennero duro e superarono ques’ennesima avventura
cui gli dei li sottoponevano.
Dopo una lunga meditazione Fineo l'indovino,
rivelò agli eroi che il momento era giunto,
la notte era propizia e gli dei attendevano la cerimonia.
I più giovani tra gli Argonauti
si apprestavano a compiere il passo
che avrebbe permesso loro di essere chiamati EROI. 
Gemelli, Guerrieri, Navigatori, Nobili e Oracoli,
dopo aver purificato la propria anima con un sacrificio,
sotto la guida del saggio DonPa e della dea Era,
si recarono nel luogo sacro per il "passaggio".
Era parlò loro così:
"Io vi nominerò veri Eroi, esempio per gli uomini
che vi guarderanno nell'Olimpo:
ma voi, Argonauti, qui davanti ai compagni,
prendendo gli dei a testimoni della promessa
che state facendo,
giurate
di fare tutto il possibile
per essere custodi della Legge dall'animo puro".
I promessandi accettarono e ben presto
divennero degni di essere chiamati eroi
(avendo accesso a tutti i segreti che prima non avevano diritto di conoscere ;)).

giovedì 14 luglio 2011

Giorno Dodicesimo

Le Argonautiche
 di Apollonio Bodyo
In che modo fecero ritorno,
gli eroi che si recavano, verso la Tesseglia?
Di questo adesso deve narrare il mio canto.
Già avevano oltrepassato la metà
del loro viaggio di ritorno, e navigando a vele spiegate
una terra conosciuta cominciava a mostrarsi.
Allora una tremenda tempesta di Borea
li rapì e li portò verso il mare di Libia
,
profondamente lontano dall’anticiclone,
dove non c'è più ritorno per le navi forzate ad entrare.
Quando poi Zeus manda dal cielo la pioggia fitta
sul campo e sulle tende, gli abitanti al riparo
siedono tranquillamente giocando a briscola,
aspettando che tutto passi.
La tempesta non li ha sorpresi,
perché al Contura già hanno consolidato le loro esperienze.

Dappertutto è pantano e un fondo di alghe,
fino alle ginocchia si stende la fanghiglia:
nessun fuoco si accende.
Ma le Muse abitanti delle terre impervie
si rivolsero in questo modo agli eroi abbattuti:
"Siete finiti in preda alla giornata più atroce,
e non c'è via di sfuggirle: ci aspettano in questo
giorno grandi quantità d’acqua.
Per questo vi invitiamo a raggiungerci nel nostro
atelier. Insieme costruiremo anfore
che userete con le pentole per svuotare
i vostri inondati canaletti...”
Ecco, questo è il racconto delle Muse, ed io lo canto
servendo le Muse: ho udito una storia sicura,
che voi, nobilissimi genitori dei re, ascolterete
con pazienza, sperando nel bel tempo.
Ma il divertimento  e l'entusiasmo che patirono fino al colmo,
nella loro fatica, chi mai potrà raccontarli?

mercoledì 13 luglio 2011

Giorno Undicesimo

Le Argonautiche
 di Apollonio Bodyo

In quel mentre i fedeli del re Eeta
si radunarono armati in assemblea ed erano tanti
quante sono le onde del mare in tempesta,
agitato dal vento, o quante sono le foglie
che cadono in autunno, e chi potrebbe contarle?
Questi guerrieri,
più rapidi degli eroi,
che passarono al largo dal capo di Foppe
occuparono, con grandi grida
di guerra, le rive del fiume, aspettandoli.
Eeta, sopra il suo carro,
spiccava fra tutti per i cavalli, dono del Sole,
veloci come un soffio di vento.
Ma già la Argo, spinta da gambe robuste
e dalla discesa del grande pendio,
faceva dietrofront, soggiungendo da dietro.
Il re, colpito dall'aspra sventura, levò al cielo le braccia,
Ma Medea riprenda il proprio amato
"E se a te così piace, non te lo impedisco,
uccidi, e dopo attacca battaglia con le genti di Colchide".
Gli Argonauti ordirono alloro un grande inganno
contro Eeta; gli offrirono molti doni ospitali
e tra essi anche la i sacri cristalli alpini
di cui i prodi andarono in cerca quel pomeriggio
tra le scoscese rocce della valle, per attirarlo nella trappola
e liberarsi di lui una volta per sempre.

Tosto su di loro discese
la Notte pacificatrice, ed addormentava tutta la terra,
ora che il Vello era in loro possesso.

martedì 12 luglio 2011

Giorno Decimo

Le Argonautiche
 di Apollonio Bodyo
La nave correva, spinta dai remi quella mattina,
avevano fretta di portarla fuori del fiume
per raggiungere la propria salvezza.
“Penso che dobbiamo imbarcarci subito, mentre è ancor l’alba,
e procedere a piedi, in alta quota
all'opposto di dove i nemici sorvegliano.
Tra poco quando sapranno ogni cosa,
non credo che si troveranno concordi,
nell’impresa che abbiamo compiuto.” si dissero quella notte.
 Lungo era il viaggio che li attendeva,
per sfuggire dal re Eea e allora partirono, gli eroi greci,
pronti a tutto pur di portare il Vello a Iolco.
La giornata era propizia, gli dei non badavano a loro,
persino Posidone*, da sempre molto avverso,
rimase occupato quel giorno
e non una sola goccia cadde sulle loro vesti.
Videro le montagne, e le vaste rive del fiume
e la piana, e le profonde correnti del Ticino,
e passarono oltre, camminando di mattina e poi ancora
durante il pomeriggio, senza vento, infaticabili.
Più avanti, sporge dal continente il grande gomito,
e si innalzano le vette, in un luogo tranquillo
posto al di sotto del capo di Foppe,
dopo avere attraversato una vasta pianura
si accamparono gli Argonauti in attesa del nuovo giorno.
*  Quella mattina Zeus alla vista del fratello
lo svegliò con le proprie risa.
Il dio del mare
aveva quella notte intrapreso un lungo navigare
e ora, avvolto nel proprio sacco di pelo di capra,
volgeva i piedi laddove dove essere la testa.
Il suo capo riposava sereno in fondo al sacco.

lunedì 11 luglio 2011

Giorno Nono

Le Argonautiche
 di Apollonio Bodyo

Orsù, stammi vicino, telefonino, e cantami come
Giasone portò il Vello a Iolco da quelle terre lontane
grazie all'amore di Medea.

Appena era l’alba quando, arrivati nella Colchide, 
Giasone radunò gli eroi:
“Amici miei, voglio dirvi ciò che mi pare opportuno,
a voi spetterà di far sì che venga compiuto.
Comune è la giornata
e comune a tutti il cambio delle vesti.
Quindi voi altri restate tranquilli;
con le mamme, presso la nave,
io andrò alla reggia di Eeta,
m'incontrerò col sovrano
e proverò se posso convincerlo
con le parole a darci il Vello d'Oro,
o se invece, fidando nella sua forza,
ci metterà davanti a una sfida."
E mentre aspettavano, Era, sollecita verso di loro,
sparse per la Valle un nugulo di segnalatori arancione fluo vestiti,
così da mostrare la retta via
alla folla dei Colchi in cammino verso il campo.
I genitori, usciti dalle auto, videro i propri figli
e con grande gioia levarono in alto le mani;
essi li abbracciarono e salutarono a loro volta,
felici, piangendo.
I Colchi dissero loro queste parole:
"Dunque non era destino che vagaste lontano,
lasciandoci nell'abbandono: attraverso il blog vi
abbiamo seguiti come se non foste mai partiti.
Ma ahimè infelice, quale voglia vi ha preso dal calduccio di casa,
per qualche fantastica follia scout, e seguendo il comando di Giasone
 vi siete avventurati in queste umide e piovose terre.”
"Straniero, perché parlare di tutto ciò?
Se veramente siete figli di dei,
o in ogni caso non mi siete inferiori,
voi che venite per prendere le cose d'altri,
io ti darò il Vello da portar via, se lo desideri,
ma solo dopo una prova.”
Questo decise il re Eeta.
Quel pomeriggio gli Argonauti
diedero inizio all’impresa.
Aggiocarono Tita e Ste,
i due tori dai piedi di bronzo
che dalla bocca spirano fuoco
e li condussero attraverso il campo,
arandolo rapidamente.
Ottennero come semente per i solchi
i denti di un drago
che una volta cresciuti
presero la forma di giganti armati.
Ormai per tutto il campo fiorivano i figli del suolo;
e allora Giasone afferrò dalla pianura una grande pietra rotonda
che neppure il Panzer
l'avrebbe mai sollevata dal suolo,
la gettò in mezzo ai giganti e questi balzarono
come cani attorano alla pietra, uccidendosi gli uni con gli altri.
Ma tutto ciò non prima
di aver reso Medea la strega favorevole all'impresa,
adorandola come una dea.
Durante la notte Medea
ordinò di condurre presto la nave al bosco sacro,
per poter prendere il Vello,
ingannando il volere di Eeta.
Ma già con gli occhi insonni li aveva visti il dragone
al loro arrivo, e tendeva verso di loro il collo lunghissimo;
soffiava terribilmente, e risuonava
la riva del fiume e la sconfinata foresta.
E mentre lui si addormentava per mano della strega,
ecco che gli eroi furono davanti ai suoi occhi
e lo ridussero in una serie di parti.
Obbedendo a Medea, i Guerrieri (vincitori)
staccarono dalla quercia il Vello d'Oro.
L'aurora si spandeva sul mondo,
quando arrivarono presso i compagni.
Stupirono i giovani nel vedere il grande Vello splendente,
simile al lampo di Zeus.

domenica 10 luglio 2011

Giorno Ottavo

Le Argonautiche
 di Apollonio Bodyo
La nebbia andava diradandosi dalle parti
della capanna dell’Ellesponto, quando l’indovino
(dopo una seduta spiritica in bagno) svegliò gli eroi.
“Ascoltatemi, voi che siete i più prodi di tutta la Grecia,
se siete davvero quelli che per un duro comando regale,
sulla nave Argo, Giasone porta al Vello d'Oro.
Certo lo siete, ma io vi avverto, vedo che
Zeus, punitore implacabile, si divertirà con voi
e nemmeno Era che più di tutti gli dei
ha cura del vostro viaggio
potrà nulla nel frenare i vostri capitomboli.
Vi supplico state attenti alle erbe alte e scivolose,
già vedo molti di voi a terra.
Poi, subito, appena tornati in Valle, vedrete,
là dove il bosco si stringe, le rupi Simplegadi,
che mai nessuno, vi dico, ha attraversato uscendone incolume,
perché non sono saldamente fissate alle loro radici,
ma spesso si scontrano l'una con l'altra e si riuniscono insieme,
e sopra si leva la piena dell'acqua, e ribolle alle risa degli dei.
Ma se sfuggite all'urto delle rocce ed entrate illesi nel Ticino,
lavatevi allora per bene,
e togliete da voi ogni timore di puzza
per l’incontro che coi Colchi presto avverrà.”
E così come fu detto, accadde.

sabato 9 luglio 2011

Giorno Settimo

Le Argonautiche
 di Apollonio Bodyo
La stella dell'alba sorse sopra le altissime cime,
e il vento ricominciò a spirare.
Tutto intorno a loro si creò una nube
che li avvolse per tutta la giornata.
La giornata non sembrava essere propizia,
ma gli eroi si misero a camminare
per attraversare l’ostica
regione della Bitinia prefiggendo come meta
il temuto stretto delle Simplegadi.
Nel tardo pomeriggio,
Mentre l’acqua istigata
dal burlone Zeus scendeva
scorrendo sul viso degli eroi,
questi raggiunsero la pianura del San Giacomo.
sul monte, di cui narrano strane leggende
si avventurarono solo gli impavidi guerrieri
che guidati da Giasone osavano sfidare gli dei.
Era giù nella selva un robusto ed immenso tronco di vite,
invecchiato e ospitante: gli eroi lo lavorarono per farne
un luogo per la notte.
Quella sera mangiarono beatamente,
si saziarono lieti di cibo e di bevande freschi.
Poi scese su di loro una strana sensazione
e colti dalla spensiarezza si abbandonarono
tutta la notte alle danze del dio Lapin...